Pensieri spinosi per soli associati

Alla comunità di Oltre l’Occidente

Pensieri spinosi per soli associati

Il 17 maggio ogni anno viene celebrata la Giornata Internazionale contro l’Omofobia, la Transfobia e la Bifobia. E ogni anno in Italia vengono svolti tantissimi eventi, come il pride con la marcia in memoria delle vittime di omofobia. Il 17 maggio è una data importante e coincide con la rimozione dell’omosessualità dalle patologie mentali da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1990, 28 anni fa. Fino a 28 anni fa era normale considerare un omosessuale o una lesbica un malato mentale. La cosa tragica però è che in alcuni paesi del mondo essere gay è ancora un reato a volte punito con la morte.

La manifestazione del Lazio Pride che si svolgerà a Frosinone sabato prossimo, 22 giugno, ci induce ad una forzata riflessione anche perché si svolge sul territorio ciociaro e alle motivazioni degli organizzatori se ne aggiungono altri inerenti le visioni delle libertà all’interno del ns provinciale contesto, il cui capoluogo è il più leghista d’Italia, a cui dovremmo rispondere non fosse altro perché spesso ci eleggiamo difensori dei diritti.

La manifestazione si pone all’interno di una serie di iniziative che si svolgono sul territorio nazionale e globale su piattaforme non tanto scritte quanto affermate dai fatti, dai corpi. Le motivazioni sono eventualmente rintracciabili negli statuti degli organizzatori, in questo caso della Associazione Lazio Pride.

La generalità degli scopi lottare per l’abolizione di ogni forma di discriminazione normativa relativa all’orientamento sessuale e all’identità ed espressione di genere, si vorrebbe sostanziare per il pieno riconoscimento legale dell’uguaglianza dei diritti in tutti gli ambiti in cui la persona si forma ed agisce, dai rapporti etici e sociali (famiglia, figli, salute ed insegnamento) ai rapporti economici (lavoro, iniziative economiche e proprietà) e politici. L’Arcigay specifica più dettagliatamente: – ottenere pari e pieni diritti per le persone LGBTI, incluso in particolare il matrimonio egualitario e il riconoscimento della genitorialità LGBTI; – ottenere protezione legale contro la violenza e la discriminazione verso le persone LGBTI e il definitivo consolidamento di una società e di una cultura non omo-bi-transfobica e non sessista.

Le piattaforme più o meno puntuali ci conducono in un campo spesso inesplorato ma fortemente condizionato come quello dell’etica, della cultura, della natura, di cui il pensiero unico consumista/tecnicistico  invece non si fa problemi ad invadere e a scorrazzarvi dentro. Davanti alla “religione del nostro tempo” i ns strumenti di riflessione e di azione diventano  insignificanti e inconsistenti proprio per la distanza esistente tra la vita riproduttiva, qui ed ora, materiale e faticosa, e l’economia produttiva che riempie i ns bisogni, che è invece da un’altra parte, al più consumata, e non sempre percepita nella sua brutalità.

  1. Può tale manifestazione immaginarsi fuori dal terreno della cultura standardizzata globalizzatrrice della ‘potenza’ dell’individuo così come affermato dalle ideologie neo liberali? Io penso di no. Anzi la forte spinta sulle libertà civili sembra essere determinata da particolari ceti sociali delle civiltà urbane del nord America e Europa, orfani della fase comunitaria dell’esistenza e proiettati in processi produttivi e sociali globali di cui però necessita il recupero dell'”identità riproduttiva”. Questa forte esigenza di recupero di una identità condivisa si concentra sui bisogni individuali (‘the dream’ ad es.) spesso condivisibili ma la cui traiettoria ci fa venire in mente la domanda pasoliniana “Dove va l’umanità? Boh”.

Se i ns. rapporti sociali sono espressione dei ns. rapporti produttivi e se questi sono quelli determinati dal ns sistema economico capitalista, allora il sistema, liberando la fatica del lavoro ad alcuni centinaia di milioni di essere umani, che però vivono sulle spalle della restante umanità che invece non si libera dal duro lavoro manuale anzi oggetto di un generico e vasto sfruttamento, non fa altro che spingere nuovi bisogni dei ceti agiati a ragionare sulle loro nuove libertà che sembrano andare nella direzione opposta di quelle legate al sistema di riconnessione della riproduzione con la produzione, quelle che riannodano i fili di un equilibrio paritario globale tra culture e sistemi.

  1. L’orgoglio dell’orientamento sessuale e dell’identità ed espressione di genere sembrerebbe dunque espressione di una elité, occidentale, che riflette a valle sui processi sociali piuttosto che dalle motivazioni a monte, ribadendo le proprie come scelte di libertà per tutti. Come diceva Pasolini prima di parlare di libertà sessuali bisognerebbe riflettere sulle motivazioni del coito: «Infatti il coito è politico».
  2. «Ma questa libertà del coito della “coppia” così com’è concepita dalla “maggioranza” – questa meravigliosa permissività nei suoi riguardi – da chi è stata tacitamente voluta, tacitamente promulgata e tacitamente fatta entrare, in modo ormai irreversibile, nelle abitudini? Dal potere dei consumi, dal nuovo fascismo. Esso si è impadronito delle esigenze di libertà, diciamo così, liberali e progressiste e, facendole sue, ha cambiato la loro natura. Oggi la libertà sessuale della maggioranza è in realtà una convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un’ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore. Insomma, la falsa liberalizzazione del benessere, ha creato una altrettanto e forse più insana che quella dei tempi della povertà».

Dubbiosa permane la percezione del concetto della natura dell’uomo in questo contesto.  All’unico, stretto,  vestito di eterosessualità non possono banalmente aggiungersi altri vestiti, ancor più stretti. Si può allargare la scelta di genere, e fino a che punto? Sicuramente l’affermazione delle proprie peculiarità devono avere giusto spazio di agibilità e di possibile cambiamento, concedendo ampio ventaglio alla natura umana anche nel suo sviluppo ontogenetico.

Abbiamo criticato aspramente il concetto tradizionale di famiglia. Dovremmo cercare di rimetterlo continuamente in gioco ricreando momenti di condivisione comune, sperando di superare la piramidalità delle relazioni sentimentali e familiari. – E questo, anche tra i “progressisti” non avviene facilmente. Si vorrebbe riconoscere questa “vecchia” istituzione anche ad altre forme relazionali, le famiglie arcobaleno, la cui motivazione originaria di riproduzione sarebbe eventuale e, nel caso, credendo di poter by-passare la complicata costruzione dell’albero delle relazioni con un approccio ‘soft’ alle nuove possibilità della scienza, più che mai frutto dei processi produttivi globali, che ingenuamente induce a credere al non condizionamento dei rapporti sociali.

A me pare che quello che non può accadere nella realtà della società globalizzata a mercato libero, la necessità di stare insieme condividendo momenti e riti anche autodefiniti fondanti su attività produttive che valorizzino il valore d’uso, venga forzatamente e inevitabilmente rappresentato dalle elite globali come possibile, costruendo nuove relazioni figlie, purtroppo, di legami produttivi “di mercato” e quindi passeggeri, che le istituzioni dovrebbero, al loro infrangersi, prendersene  carico nelle responsabilità. Da una parte insomma si critica l’invadenza delle istituzioni e delle convenzioni nella ns vita privata e nelle scelte etiche conseguenti, dall’altra auspichiamo che altri si prendano carico delle ns scelte che nel frattempo, sull’altare delle codificate libertà civili, possono velocemente “evolversi”!

«la civiltà dei consumi, cioé un nuovo potere falsamente tollerante ha rilanciato in scala enorme la “coppia” privilegiandola di tutti i diritti del suo conformismo. A tale potere non interessa però una coppia creatrice di prole (proletaria), ma una coppia consumatrice (piccolo borghese)»

  1. Esistono mille ragioni per ribadire la necessità di difendere la propria dignità, le proprie sensibilità e le proprie scelte. Chi lo fa e lo riesce ad organizzare coinvolgendo migliaia di persone ha sicuramente qualcosa di importante da dire. Ne va dato atto e merito e particolare attenzione. «Tutto ciò che sessualmente è “diverso” è invece ignorato e respinto. Con una violenza pari solo a quella nazista dei lager (nessuno ricorda mai, naturalmente, che i sessualmente “diversi” sono finiti là dentro)».

Confuso, come sempre, vi mando un  abbraccio

Paolo

P.s. Queste libere riflessioni non vogliono condizionare le scelte degli associati che vorranno partecipare alla manifestazione – che però avrebbero potuto stimolare una riflessione collettiva. Chi va e vuole andarci come una collettività e questa collettività la percepisse nell’associazione è libero di prendere lo striscione e portarlo orgogliosamente in corteo. Ci saranno sicuramente tante buone ragioni per farlo… Importante è percepirlo all’interno di una dinamica collettiva.

Le parti tra virgolette sono tratte da “Sono contro l’aborto” di Pasolini  del 19 gennaio 1975 sul Corriere della sera