La fine di un anno difficile

Siamo al termine di anno anomalo, che ci vede tutt’ora confinati per tutelare la salute biologica dall’attacco di un virus annunciato ma su cui alcuno ha posto attenzione.

Il virus non è soltanto quello che determina polmonite interstiziali acute, che colpisce i settori più esposti della popolazione anziana, dopo anni di chiusura di ospedali, di riduzione della spesa sanitaria, di tappeti rossi alla sanità privata, di abbandono della solidarietà tra generazioni. Misuriamo più chiaramente cosa significa aver ricondotto la medicina all’utilitarismo e l’idea che la concentrazione delle cure, intervenire sulla malattia, fosse più “produttiva” piuttosto che concentrarsi sul malato, essere quindi presidio territoriale.  

Il virus ha rivelato quanto siano diventate deboli le nostre relazioni, che abbiamo barattate sull’altare della competizione e dell’effimero consumo. La comune universalità della esperienza della reciprocità non si basa sulla vicinanza e sulla condivisione di elementi comuni, ma solo su una “razionale” gestione dei rapporti umani, che alla bisogna si nebulizzano.

Scopriamo che le attività lavorative di tanti di noi sono effimere, senza collegamento con i bisogni, deterritorializzate, che si sviluppano solo perché la classe padronale sgocciola qualche residuo dal modus vivendi borghese. E più i lavori sono effimeri “di servizio” più è forte l’impressione della inutilità di noi stessi, che siamo improvvisamente rimasti chiusi fuori dalla giostra globale, non sapendo se è possibile risalire o rimanere, colpevoli, a terra.

Sentivamo che il sistema economico è diseguale. Ma pensavamo che lo fosse sempre per gli altri. Invece oggi scopriamo che siamo dentro il processo dell’esclusione. Sulle nostre teste passa anche la difficoltà economica e l’incapacità di pensare un futuro.

Scopriamo che il sistema aumenta le disuguaglianze con l’accesso a strumenti tecnologici che ci appaiono utili, necessari, vitali. Ci attacchiamo alla tecnologia, alla volatilità delle relazioni di rete, di cui la stragrande maggioranza di noi non riuscirebbe a ricostruire come funziona. Ma vi siamo dentro, spesso accanitamente. Ma se spegniamo, ci accorgiamo che il freddo della solitudine sale, che non abbiamo costruito nulla di condiviso, che non ci rimane che cercare quel luogo dove attendiamo, soli, lo sgocciolamento.

Non a caso la cultura e l’istruzione, così come intese dopo le grandi rivoluzioni del dopoguerra,  sono considerate secondarie e subordinate, abbandonate e in attesa. La cultura e l’istruzione sono determinate e condotte dalla religione della scienza, che ci ammanta quotidianamente, e trasferiscono ciò di cui “la religione del mio tempo” ha bisogno. Nulla di più.

In questo contesto si resiste. Ognuno con le proprie armi, ognuno da pericoli più o meno individuati. Noi proviamo a resistere con le attività culturali e sociali che si intersecano e si spingono l’un l’altra; privilegiamo le relazioni, lo scambio, la reciprocità, la fisicità, la presenza , le emozioni, l’affetto, ma anche il conflitto, lo scontro, il dibattito.

Vorremmo continuare ed è importante la partecipazione. Anche economica. Non nascondiamo le grandi difficoltà, ma anche i progetti, le speranze, l’utopia. Per chiudere basta poco. Per costruire c’è bisogno di condivisione e, appunto, reciprocità.

Vi chiediamo di contribuire per l’anno 2021 a cominciare da 20 euro.
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La sede di Oltre l’Occidente è sempre una sede aperta per progetti di accoglienza per i soci e per tutti i progetti come  il servizio civile, le migrazioni, la salute mentale, le attività esterne per detenuti. Ciò ci comunica che la strada intrapresa è giusta.   

Tra le l’ultime attività si sottolinea il Laboratorio multiculturale nell’ambito del progetto SIFCultura, dove siamo membri di una rete tra biblioteche archivi e musei, rete in difficoltà per la vicenda delle obbligate chiusure, ma potenzialmente in piedi e pronta ad affrontare diversamente il ruolo dei luoghi di cultura nella provincia.

Oltre l’Occidente fornisce un servizio di rassegna stampa online e di lettura condivisa delle riviste che si ricevono periodicamente, che sicuramente replicheremo per l’anno nuovo.

E’ in dirittura d’arrivo il progetto di 235 nuove acquisizioni di opere per la biblioteca, che sta diventando un importante luogo per lo studio delle scienze sociali.

A gennaio ricominceremo con gli incontri di riflessione e invito alla lettura. Abbiamo atteso la riapertura dei luoghi di cultura. Obtorto collo il prossimo anno utilizzeremo le piattaforme, quelle sì distanziatrici.

Siamo in dirittura d’arrivo per la pubblicazione del libro sui modelli antropologici locali, sul cambiamento della nostra provinca da rurale a industriale.

Si continua, anche se a singhiozzo, ad essere punto di riferimento per la REMS di Ceccano e la casa circondariale di Frosinone, con la quale si replicherà il 23 dicembre la giornata di esposizione dei lavori natalizi dei detenuti.

E’ attivissima la parte progettuale da cui riuscire a mettere in pratica le attività con contributi economici istituzionali. Ciò necessiterebbe di maggiore continuità nella presenza e nell’impegno.

Uno di questi progetti è la ricerca/azione che si sta conducendo nel progetto FAMI/IMPACT per conto del distretto B di Frosinone.