La stella latente

La stella latente

La vicenda dell’abbandono di vite umane in alto mare, vittime del colonialismo storico occidentale, ci restituisce una cornice dove un nuovo quadro politico, a gomitate, si sta facendo spazio. La tracotanza di Salvini, già di per sé pesante e amplificata dai sordidi giornali berlusconiani, è accompagnata, sdoganata, rilanciata, – e chi se lo sarebbe aspettato! – dal M5 stelle, con una colpevole incapacità e volontà di capire in quale direzione accompagnare il dibattito politico e l’etica che ne consegue.

Eppure tanti compagni, orfani dei loro partiti, hanno riservato un non tanto nascosto auspicio nell’affermazione e nel cambiamento che il M5 stelle avrebbe potuto provocare nel paese. Una vuota forza politica, con una democrazia fumosa, senza organismi che si confrontassero tra loro, senza una realtà territoriale, va affermando la fine dell’ideologia – come se il capitalismo fosse morto o superato! – e una improvvisa realpolitik, fondata sul sequestro istituzionale di 600 persone e sul conseguente ricatto, sulla quale anche i cattivi maestri del PD rimangono spiazzati.

E questa si va ad aggiungere non all’Italia dell'”onestà”, della trasparenza, della politica della redistribuzione, della difesa dei beni comuni, per ri-sventolare la bandiera/straccio, ma clamorosamente all’altra Italia, quella razzista, per convinzione o per convenienza, per polarizzazione o per posizionamento, all’Italia della politica senza passato e senza futuro, all’Italia sprezzante e corrotta.

La Lega ha partecipato attivamente ai governi, anche quelli regionali, di questa nazione dal 1994; la Lega era al governo quando si firmava l’accordo di Dublino; La Lega era al governo che ha attivamente partecipato al bombardamento della Libia; la Lega ha votato la legge Bossi-Fini. La Lega si adagia da sempre su quella rivoluzione antropologica berlusconiana di cui non riusciamo a liberarci… e che genera, con tutte le trombe mediatiche, una narrazione del presente piena di falsità, di leggerezza, di sintesi, di lusso, di disprezzo, di sopraffazione, di corruzione, di maschilismo, di luoghi comuni, nascondendo la realtà della vita delle persone.

Non possiamo accettare questa deriva. Non lo possono fare nemmeno i compagni ancora fiduciosi nel M5 stelle, che devono alzare la voce proprio per misurare finalmente quel ruolo paritario e libero nel movimento dove uno varrebbe uno.

Il rischio, l’alto e grave rischio, è spostare non solo la politica ma la cultura di questo paese, ancora, verso il confine della fine del contratto sociale ma stavolta con la rottura storica dei concetti di solidarietà, di uguaglianza, di convivenza, quelli che la resistenza ha ricucito e ha istituzionalizzato. Lo squarcio, già aperto nel tessuto economico, dove il “capitale” – quindi la criminalità organizzata – ha trovato, nel ventennio berlusconiano/pd, ragione per razzolare verso l’alto risorse e risparmi, si allarga a quello culturale con la costruzione, attraverso imperativi categorici razzisti, di una incontrollata sovrastruttura foriera di discriminazioni, odio, violenza. Chi potrà ritenersi fuori da questa dinamica? Oppure le sicure nostre tiepide case saranno adiacenti al pullulare di nuovi campi di concentramento rendendo inutile quell’ammonimento del frutto orrendo dell’odio che non avrebbe dovuto dare nuovo seme né domani né mai.