Le ombre del processo di industrializzazione in ciociaria

Sabato 23 aprile, alle ore 17, presso la sala consiliare del comune di Supino, presentazione del libro di Annamaria Mariani “Realtà identitarie smarrite, Rilettura della evoluzione dei modelli antropologici in Ciociaria dagli anni cinquanta ad oggi“. La serata, patrocinata dall’ente, sarà introdotta da Enrico ZUccaro e saranno presenti oltre all’autrice anche il prof. Francesco Pompeo autore della postfazione. Inoltre saranno presenti, tra gli altri, anche i testimoni Francesco Notarcola, Angelino Loffredi, Donato Galeone

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3.4 Le ombre del processo di industrializzazione in Ciociaria

Un miglioramento diffuso delle condizioni di vita fu accompagnato da conseguenze che rappresentarono e ancora oggi costituiscono un risvolto negativo dello sviluppo industriale locale.

Nella piana fiancheggiante la Valle del Sacco, estesissimi ettari di terreni coltivabili e fertili perché ricchi di acqua vennero espropriati ai contadini per l’insediamento delle industrie e sottratti così all’agricoltura. Il giornalista locale Quadrozzi riporta in una sua pubblicazione (Quadrozzi, 2012) un’intervista televisiva ai familiari di Giuseppe Bonollo, l’imprenditore che impiantò la prima distilleria ad Anagni: i Bonollo ricordano che nel 1958, quando vennero la prima volta ad Anagni, la Valle del Sacco era un paesaggio bucolico, un susseguirsi di vigne, di campi, di boschi attraversati dal fiume.

Anche Silvana, operaia della Klopman, che pure aveva accolto con entusiasmo l’arrivo delle industrie, non può far a meno di ricordare un paesaggio che non esiste più: «Nell’area industriale c’erano terre fertili appetibili per le industrie; la Klopman, dove io ho lavorato, si è insediata qui proprio perché il terreno carsico e ricco di acqua ha favorito gli approvvigionamenti per le lavorazioni dei tessuti; utilizzava le acque delle sorgenti del Mulino e della Fontana Rana. Laggiù il paesaggio con queste sorgenti era come quello di una cartolina, un quadro da dipingere». 

E sua figlia Marisa, ex-operaia della Saiag Sud[1]: «Mia nonna viveva di terra e di agricoltura. Noi avevamo il terreno vicino alla Klopman, località Mola dei Frati, dove c’era il vecchio mulino; l’acqua, nel luogo in cui oggi ci sono i serbatoi dell’azienda, formava un laghetto dove le donne andavano a lavare. Il mulino è stato demolito e le acque sono state incanalate verso vasconi per l’utilizzo industriale».

La Cassa per il Mezzogiorno rappresentò un investimento finalizzato esclusivamente ad offrire risorse e possibilità di espansione al grande capitale del Nord. Infatti la maggior parte delle industrie nacque con investimenti di capitali stranieri o di imprese del Nord che trasferirono nelle aree del Nucleo solo il reparto produzione.

 Inoltre il nuovo tessuto produttivo creato con gli incentivi statali non si collegava affatto all’identità economica locale originaria. Ciò fu la causa del repentino fallimento delle politiche meridionalistiche nella Valle del Sacco: esse non realizzarono obiettivi quali la valorizzazione delle risorse locali e l’aumento della produttività agricola né tantomeno le stesse politiche meridionaliste stimolarono iniziative imprenditoriali da parte dei residenti sul territorio, anzi favorirono quelle esterne e/o sostenute da interessi clientelari.


[1] Marisa, ex operaia SAIAG SUD di Frosinone, figlia di Silvana