UNA PIAZZA PER IL NO
Un NO sociale è quello che le organizzazioni sociali e politiche domani lunedì 21 novembre spiegheranno in piazza Vi dicembre a Frosinone alle 18. Perché prima di un NO alla riforma costituzionale che tuteli l’impianto equilibrato e di tutti della costituzione del 1948, c’è da riflettere sugli effetti devastanti nel sociale e nell’economico delle scelte dei riformatori.
Basare la democrazia solo sotto l’aspetto della governabilità, accorciando, anzi tranciando gli elementi che ne costituiscono il valore, ovvero la sintesi di diversi punti di vista, all’interno di assise equilibrate nei numeri e negli strumenti di rappresentanza, vira nella direzione che una minoranza o anche maggioranza numerica decida per tutti, sempre più velocemente e senza il dovuto confronto e la necessaria sintesi. Governare non significa decidere da sé. Non significa eliminare le critiche e i loro rappresentanti ma trovare le ragioni e il terreno di una proposta più possibile condivisa.
Tante sono le esperienze di questi anni che hanno diminuito il potere delle assemblee elette per dare sostanza e maggiore spazi ai governi. Si pensi ai sindaci potestà con premio di maggioranza, premio sempre più ‘pesante’ con la diminuzione del numero dei consiglieri, che governano spesso in maniera ‘assolutistica’ delicati aspetti della comunità che necessitano al contrario di risposte per tutti e non solo per pochi. L’esempio della amministrazione frusinate è sotto l’occhio di tutti: nel caso del debito, nel caso della gestione dei servizi, nel caso delle opere pubbliche… Priorità che sappiamo la stragrande maggioranza delle persone non avrebbe condiviso, o almeno non avrebbe condiviso le modalità di risoluzione di tali problematiche.
La diminuzione del numero dei politici non va nella direzione di una ‘pulizia’ della casta ma solamente nella diminuzione delle rappresentanza della moltitudine e delle sue organizzazioni sociali politiche diffuse. Si rischia che gli interessi di tanti non trovino spazio per essere enunciati, presentati, che escano dalle paludi della invisibilità. Basti guardare ciò che accade nei nostri enti locali. A Sora nelle ultime elezioni un rappresentante della minoranza è a stento entrato in consiglio con il 17% dei consensi! In molti comuni percentuali sopra il 10% non trovano eletti! Il numero dei cittadini che è dietro queste percentuali ha o non ha il diritto di avere qualcuno che ne interpreti le necessità?
Altro drammatica compressione della democrazia è il fatto che la politica si voti da sé, strappando ai cittadini la scheda elettorale. L’antidemocratica riforma delle province è evidente: una casta che si vota da sé, che non risponde alle istanze sociali ma solamente alle posizioni di forza dei gruppi di potere, aggravato dalla dissoluzione reale dei legami con i partiti nei quali si era stati eletti. L’esperienza della amministrazione provinciale di Frosinone è lampante e grave, caso di studio per aver evidenziato all’estremo tutti gli aspetti negativi della riforma. Non a caso le vicende dell’acqua pubblica, del lavoro, della sanità, nonostante la necessità, non trovano motivi per essere rappresentate politicamente a livello provinciale. La politica di rappresentanza della moltitudine si è dissipata nei meandri delle sale di piazza Gramsci mentre appaiono ogni giorno più possibili, giustificate dall’’esigenza’di governabilità, alleanze pochi anni fa improbabili sul lato sociale e politico.
Pagano un prezzo sempre più esoso di queste riforme i cittadini, le modalità di sintesi delle problematiche della comunità. Tutti proiettati verso una polarizzazione politica, verso l’esclusione delle minoranze più deboli o meno scaltre, meno pronte, con un chiaro messaggio che non è importante vivere assieme redistribuendo la ricchezza, ma vincere per sé e contro gli altri, mangiandosi, da soli, possibilmente tutto.